Utilizzare la crema solare in piscina o al mare è sempre stato un must per tutti noi. Quante volte, fin da bambini, abbiamo sentito parlare dei danni alla pelle dei raggi UV e di quanto sia importante proteggersi, soprattutto nelle calde giornate estive?
Se si pensa però che l’acqua della piscina è soggetta a trattamenti per garantire sicurezza ed igiene ai bagnanti, siamo certi che a contatto con i prodotti chimici presenti nell’acqua la crema solare sia sicura da utilizzare?
Dopo aver compiuto ricerche sugli effetti di alcuni elementi (come urina e farmaci per la pelle) nell’acqua, si sta ora esaminando questo pilastro del bordo vasca.
Lo studio
L’Agenzia americana per la Protezione Ambientale (EPA) sta studiando come reagisce un particolare ingrediente presente nella crema solare quando è esposto ai chimici presenti nell’acqua della piscina.
Questa è solo una piccola parte di uno studio molto più ampio che esamina gli impatti ambientali e sulla salute di nanomateriali costruiti artificialmente ed utilizzati in un’ampia varietà di prodotti di largo consumo. In questo caso, i ricercatori dell’EPA stanno esaminando il diossido di titanio (TiO2), l’ingrediente base, appunto, delle protezioni solari più comuni.
Il TiO2 è un minerale naturale, comunemente utilizzato come pigmento bianco, che, per via del suo elevato indice di rifrazione, è in grado di assorbire, riflettere e disperdere la luce solare e di proteggere dai dannosi raggi UVA e UVB.
L’ipotesi
Ciò che sta dietro a queste ricerche è dunque la volontà di confermare (o smentire) l’ipotesi per cui la crema solare, interagendo con l’acqua chimicamente trattata in piscina, potrebbe avere un impatto negativo sulla salute dei bagnanti.
Il TiO2 infatti, quando entra in contatto sia con l’acqua, sia con le radiazioni UV, si scompone in altre molecole, incluso una particolare tipologia di ossigeno reattivo che è stato dimostrato causare danni ai tessuti umani. Per prevenire ciò, i produttori di crema solare saggiamente aggiungono uno strato protettivo attorno al diossido di titanio, chiamato idrossido di alluminio.
L’obiettivo dello studio, quindi, è capire in che modo le sostanze chimiche disciolte nell’acqua delle piscine influiscano in questo processo e come lo strato protettivo di idrossido di alluminio si comporta a contatto con la durezza dell’acqua trattata con i chimici.
In altre parole: l’idrossido di alluminio è davvero resistente?
Le conclusioni
“E soprattutto,” spiega il dottor William Boyes, tossicologo e collaboratore dello studio di Epa sui materiali emergenti “dobbiamo capire se il TiO2, decomponendosi a contatto con tali sostanze, possa acquisire un maggior grado di tossicità.
È stato uno studio esplorativo per controllare la veridicità dell’ipotesi per cui questo materiale (il TiO2) diventi più o meno tossico dopo che il rivestimetno di idrossido di alluminio cominci a degradarsi.”.
Di sicuro i risultati dello studio mostrano che, dopo 3 giorni in acqua di piscina simulata, lo strato protettivo comincia a degradarsi, aumentando la potenziale tossicità.
Mentre i test di laboratorio indicano che c’è potenziale per danni alle cellule, risultanti da un’infiltrazione di tossine, gli esperti dell’agenzia americana precisano che l’utilizzo della crema solare, è comunque consigliato: “A questo punto sarebbe un grande azzardo assumere che ci siano rischi per la salute dei natanti.” dice il Dott. Boyes “Se c’è un rischio potenziale, è più accuratamente paragonabile con quello rappresentato dagli organismi acquatici presenti in un lago”.